Una nuova asset class: il cliente risparmiatore prima e investitore poi.

Pubblicato il 25/05/2018 - Luigi Carta
Si ringraziano i Consulenti Finanziari Ernesto Leoni (Banca Widiba), Vincenzo Colabraro (Allianz Bank) e Stefano Leccese (Fineco Bank) per i preziosi consigli e il tempo che hanno voluto mettere a disposizione.

La figura professionale del consulente finanziario non avrebbe ragione di esistere se non ci fosse un risparmio da gestire o da creare, così come è evidente che tutti i patrimoni creati nel tempo derivano da un precedente risparmio di denaro. Se non c’è risparmio, non ci sono patrimoni da gestire e di conseguenza non esisterebbe il consulente finanziario. Il risparmio è la quota di reddito non destinata ai consumi: si ha risparmio se a parità di consumi aumentano i ricavi oppure se a parità di ricavi si riducono i consumi. I salari nel nostro Paese non aumentano ormai da anni (anche gli spagnoli ci hanno superato) ma restiamo comunque un popolo di grandi risparmiatori. Il salto ulteriore è passare da risparmiatori a investitori. Dal momento che non esiste una scuola per diventare consulente finanziario in cui imparare operativamente come fare assistenza ad un cliente, ogni quanto incontrarlo, cosa analizzare e cosa dire ognuno sviluppa il proprio metodo operativo, forse in modo più artistico che tecnico. In una società capitalista e consumista ciò che accomuna tutti i consulenti è l’importante ruolo sociale che svolgono indirizzando le scelte di consumo e di investimento dei risparmiatori in modo che siano delle scelte consapevoli ed intelligenti.

Le crisi e gli scandali finanziari degli ultimi 10 anni, la tecnologia e l’inizio della diffusione del fintech (da fine 2015 le ricerche del termine su Google sono cresciute in modo esponenziale evidenziando un crescente interesse per il tema), la normativa europea sempre più indirizzata ad una assoluta trasparenza e centralità del risparmiatore/investitore, il ricambio generazionale con una nuova classe di investitori che inizia ad affacciarsi sul mercato (i Millenials), l’era dell’informazione e della formazione per stare al “passo coi tempi”, la diffusione di una finanza sostenibile. La Mifid II in modo particolare ha dato una spinta ulteriore alle tendenze già in atto ormai da qualche anno creando maggiore sensibilizzazione, interesse e coinvolgimento.

Non è un caso se l’edizione di Consulentia18 a Roma portava come titolo “Il valore del cambiamento”. Quest’ultimo non può infatti essere visto con una connotazione negativa ma richiede di saper cavalcare l’onda in quanto queste tendenze non sono sotto il nostro controllo e rivoluzioneranno (o meglio già lo stanno facendo) il mondo della finanza e del risparmio gestito.

La centralità del cliente e la totale trasparenza nei confronti dello stesso costituiscono forse gli aspetti più cruciali. Se una consulenza di prodotto o di portafoglio prima poteva prescindere dai bisogni, dalle esigenze, dagli obiettivi del cliente oggi questo non è più possibile. La consulenza deve essere adatta al cliente e quindi funzionale al soddisfacimento dei suoi bisogni. Questo richiede che il Consulente finanziario 4.0 sia in grado di creare fiducia. L’ottimizzazione del portafoglio diventa un di cui e non il baricentro del processo di consulenza. L’approccio multi – obiettivo, che parte prima dall’analisi del cliente per individuare le aree critiche d’intervento e solo successivamente passa attraverso una pianificazione strategica per giungere infine ad un portafoglio in prodotti, si è reso ormai indispensabile. E in quest’ottica è evidente che il rapporto con la clientela diventa fondamentale e imprescindibile nel processo di consulenza. Il cliente diventa così la principale asset class cui fare riferimento.

La trasparenza sui costi infatti va in questa direzione. In un Paese dove il ricordo di scandali come Parmalat è ancora vivo, dove numerosi risparmiatori sono stati duramente colpiti dai recenti fallimenti bancari il consulente dovrà essere in grado in primis di vendere fiducia e di giustificare i costi applicati. La difficoltà infatti non è tanto nella trasparenza richiesta sui costi quanto sulla loro giustificazione in termini di rendimento ex – post al netto dei costi applicati. Il cliente paga il servizio di consulenza e ora, grazie a Mifid II, richiede anche la giustificazione di costi sino a qualche mese fa a lui sconosciuti. Ed è per questo che anche la costante formazione di una figura così professionale si fa sempre più indispensabile.

Millenials nei prossimi anni sono destinati ugualmente a determinare un cambiamento non di poco conto. Questo si deve alle differenti caratteristiche socio – demografiche di questa classe rispetto ai padri Baby Boomers: i Millenials non hanno conosciuto il famoso boom economico ma solo un susseguirsi di crisi e scandali nell’industria finanziaria. Una percentuale compresa tra l’80% e il 90% dichiara di voler sostituire il consulente finanziario del padre e il 70% preferisce il contatto personale per chiudere una transazione finanziaria. Aggiungendo la diffusione di soluzioni low – cost con l’avvento di fintech e considerando l’amore dei giovani per la tecnologia è inevitabile che anche questa rappresenti una ulteriore sfida: saper comunicare con una nuova classe di investitori che non vive nel ricordo del miracolo economico ma esige chiarezza, trasparenza, correttezza. Una classe di investitori che è mediamente più istruita, attenta alle tematiche europee e mondiali, sociali e sostenibili.  

Da Luigi Carta - Analyst and Sales presso Quantalys Italia.