La tavola dei rendimenti Quantalys 2022

Pubblicato il 12/01/2023 - Alessia Vicario & Marco Lavizzari
Mercati in caduta libera nel 2022: potrebbe essere una buona sintesi di ciò che è accaduto nei mercati finanziari durante l’anno appena concluso. È stato un periodo molto complicato sia per l’azionario che l’obbligazionario, i quali si sono trovati ad affrontare, mano nella mano, un percorso di discesa verso un territorio di generali performance negative. Scopriamo insieme la Tavola dei rendimenti Quantalys 2022.

 

 

La tavola dei rendimenti mostra le performance registrate, anno per anno, da 15 diversi mercati su un periodo di 21 anni (dal 2002 al 2022). Sono stati selezionati i principali indici rappresentativi dei mercati monetari, obbligazionari, azionari e delle commodities al fine di fornire una panoramica globale sull’andamento dei mercati finanziari. A ciascun indice di mercato è stato assegnato un colore e per ogni anno dal 2002 al 2022 le performance sono state ordinate in senso decrescente.

Questo strumento permette di mettere a fuoco i rendimenti assoluti registrati dal singolo mercato e analizzarne l’evoluzione per comprendere se, nel corso del tempo, è presente una particolare tendenza e permette di osservare, sui singoli anni e quindi a parità di eventi, le performance relative registrate da un mercato rispetto agli altri.

La tavola dei rendimenti permette di evidenziare alcuni concetti fondamentali, come l’esistenza di un trade-off rendimento/rischio per il quale, su un arco temporale sufficientemente ampio è possibile pensare di realizzare rendimenti maggiori soltanto accettando livelli di rischio crescenti. Questo principio però potrebbe risultare non sempre rispettato da tutti i mercati i quanto, in alcuni casi anche livelli di rischio elevati potrebbero comportare perdite notevoli.

Di fatto, nell’orizzonte temporale che va dal 2002 al 2022 ad es. l’MSCI Emerging markets che con una volatilità del 19,59%, più bassa della volatilità delle Commodities e dell’Italia, è stato in grado di registrare le performance più elevate nell’intero periodo (performance annualizzata del +6.97% e cumulata del + 312,40%). Guardando però al mercato italiano, le conclusioni non appaiono le medesime. L’indice MSCI Italy infatti, con il più alto livello di volatilità del periodo tra i benchmark considerati, pari a 22,81% ha registrato tra le più basse performance dei benchmark considerati (performance annualizzata del +1,08% e cumulata del + 25,27%). Altro caso interessante è quello delle Commodities che, con una volatilità in linea con l’Italia e leggermente più alta rispetto ai paesi emergenti (22,80% vs 19,59%) ha registrato la performance più bassa (performance annualizzata del +0,11% e cumulata del + 2,31%).

Lo strumento esprime inoltre il fondamentale concetto di diversificazione dal momento che, come evidenzia la tabella, non è detto che i rendimenti passati si verifichino in futuro e dal momento che, da un anno all’altro, i mercati possono cambiare notevolmente la posizione nella classifica delle performance. Da qui la diversificazione gioca un ruolo fondamentale per mitigare la volatilità dei risultati e rafforzare il concetto di trade-off rendimento/rischio, il quale risulta maggiormente verificato all’aumentare della diversificazione.

Lo strumento, grazie all’ordinamento decrescente dei rendimenti dei vari indici, permette di visualizzare un ulteriore elemento utile, ossia il range di performance all’interno del quale i mercati si sono mossi nel periodo considerato (nel caso specifico dal 2002 al 2022) e quindi di determinare il livello di volatilità al quale il mercato espone. In alcuni casi, alcuni mercati potrebbero esporre ad un elevato grado di volatilità dei risultati, anche e soprattutto nel breve periodo. Si guardi al caso dell’MSCI USA che ha registrato una performance nel 2021 pari a + 37,01% e un rendimento negativo nel 2022 pari al – 14,89% e per vedere l'ultimo risultato negativo bisogna andare nel lontano 2008 (– 33,96%). Numeri simili si hanno considerando tutti gli indici azionari presi in considerazione: MSCI Pacific, MSCI Italy, MSCI Europe, MSCI World, MSCI Emerging Markets sono passati dal trascinare i mercati con la potenza di un toro nel 2021 a coricarsi in letargo come un orso nel 2022.

Altro concetto che può essere estratto dall’osservazione della tavola dei rendimenti è che l’orizzonte temporale può avere un impatto molto forte nello spegnere la volatilità, misurata come variabilità dei risultati. Infatti, quest’ultima tende a ridursi all’aumentare dell’orizzonte temporale, dove la variabilità dei rendimenti ad un anno sarà sicuramente maggiore della variabilità dei rendimenti misurata in un periodo più lungo ad esempio a 20 anni. Il concetto di time diversification può essere riscontrato nel fatto che tutti i mercati, nonostante l’andamento dei singoli periodi, siano stati in grado di registrare performance annualizzate positive nei 21 anni considerati.

Guardando ai risultati di performance annuali dei 15 indici considerati, si può osservare che mediamente il numero di indici che ha performato positivamente è maggiore rispetto al numero di indici che ha chiuso l’anno con performance negative. Se i casi più critici in passato sono rappresentati dagli anni 2002 e 2008 con 5 indici positivi su 15 e dal 2018 con 6 indici positivi su 15, il 2022 è stato un vero e proprio bagno di sangue: solo S&P GSCI e ICE BofA USD 3-Month Deposit Rate Constant Maturity sono riusciti a chiudere in territorio positivo. Anni migliori si sono visti nel 2019 con tutti gli indici, tranne l’Ester, in positivo. Rimane l’unicità dell’anno 2005, anno in cui 15 indicatori su 15 hanno ottenuto rendimenti positivi.

Con riferimento ai singoli mercati, l’obbligazionario ICE BofA Euro Broad Market e l’obbligazionario ICE BofA Euro Government si contendono il primato di aver registrato il maggior numero di performance positive (18 su 21), andando in negativo solamente nel 2006, nel 2021 e nel 2022, mentre l’ICE BofA USD 3-Month Deposit Rate Constant Maturity è stato l’indice a cadere in territorio negativo per il maggior numero di anni, 10 su 21.

Una piccola parentesi la meritano le commodities, per il secondo anno di fila in testa alla classifica, con lo S&P GSCI che ha fatto registrare una performance pari a + 33,78% nel 2022. Siamo stati spesso abituati a trovare questo indice in ultima posizione, come nel 2006, 2012, 2014, 2015 e 2020. Soprattutto durante la crisi pandemica, durante la quale i prezzi delle materie prime, a seguito delle chiusure, del rallentamento dell’economia globale e degli scambi commerciali avevano toccato il fondo, il dato è stato evidente (S&P GSCI – 30,17% nel 2020).

Un aspetto di notevole rilevanza è l’aumento della correlazione tra l’azionario e l’obbligazionario nel 2022. Tutti gli indicatori obbligazionari europei presi in considerazione hanno visto un incremento notevole di questo parametro rispetto ai vari indici azionari. Con una conseguente diminuzione, a livello di portafoglio, dei possibili benefici dovuti alla diversificazione come già visto durante la crisi Covid. Ad esempio la correlazione tra l’ICE BofA Euro Government e l’MSCI Europe è aumentata di 0,25.

 

La Tavola delle volatilità: volatilità annualizzate dei singoli mercati (2002-2022) e volatilità sul periodo

 

 

La tavola delle volatilità permette di abbinare all’analisi delle performance ottenute dagli indici, il livello di rischio ai quali i mercati sono stati esposti. Nella tavola vengono mostrati i livelli di rischio annualizzato per i diversi anni, evidenziando di rosso i valori e i periodi in cui la volatilità dei mercati è stata superiore alla sua media di periodo.

Dalla tavola è possibile notare come le volatilità annualizzate tra i vari indici siano molto correlate: in generale la volatilità aumenta per tutti gli indici in periodi di crisi e incertezza, come i recenti 2020 e 2022, mentre tende a diminuire in periodi più stabili e moderati, come il recente 2021.

Negli anni si sono susseguiti studi che portano alla conclusione che la relazione inversa tra prezzi e volatilità nel mondo azionario può essere spiegata in due modi diversi:

  • Leverage effect: l’ipotesi della leva finanziaria prevede che i rendimenti negativi facciano scendere il prezzo dei titoli, aumentando proprio il leverage di un’azienda, ossia il rapporto tra debito ed equity, aumentando quindi la probabilità di fallimento dell’azienda stessa. Se l’azienda è in una situazione di maggiore rischio, il titolo è percepito come più rischioso e quindi volatile. In questo caso il nesso di causalità va dai prezzi alla volatilità.
  • Volatility feedback effect: l’ipotesi di effetto di retroazione della volatilità prevede che se la volatilità è prezzata sul mercato (come nel caso americano del VIX, comunemente noto come indice della paura, o come nel caso europeo del VSTOXX), un aumento anticipato della volatilità aumenterebbe il tasso di rendimento richiesto, richiedendo a sua volta un calo immediato del prezzo dei titoli per consentire rendimenti futuri più elevati. In questo caso il nesso di causalità va dalla volatilità ai prezzi.

Guardando ai dati presenti sulla tavola, nel periodo 2008-2009, caratterizzato da una delle peggiori crisi finanziarie, tutti gli indici hanno registrato un notevole aumento della volatilità, soprattutto con riferimento ai mercati azionari, che hanno visto aumentare il rischio di oltre i 10 punti percentuali rispetto alla media di periodo. L’MSCI Emerging markets ha registrato i livelli più alti di volatilità (+ 38,36%) nel 2008 con una performance (ricavabile dalla tavola dei rendimenti) pari a – 50,64%.

Ponendo l’attenzione sull’anno appena trascorso possiamo notare un’impennata della volatilità degli indicatori che rappresentano il mercato obbligazionario europeo. L’ICE BofA Euro Broad Market è passato da una volatilità annua del 2,83% nel 2021 a una volatilità annua del 7,39% nel 2022 (incremento del + 180,21%), segnando la sua peggior performance degli ultimi 21 anni proprio nell’anno appena trascorso: – 16,90%.

Risultati analoghi si possono sottolineare anche per l’ICE BofA Euro Government, con una volatilità che è passata da 3,50% a 9,04% (+ 158,29%) e l’ICE BofA Euro Corporate, con una volatilità che è passata da 1,95% a 6,70% (+ 243,59%). Anche per entrambi, questo è stato l’anno peggiore degli ultimi 21 anni con performance rispettivamente pari a – 18,20% e – 13,90%.

Negli ultimi 5 anni il 2020 è stato l’anno che ha visto il maggior incremento generalizzato della volatilità per quanto riguarda l’azionario, mentre è stato il 2022 ad avere i maggiori livelli di volatilità per l’obbligazionario e le commodities. Ciò è dovuto anche dai tentativi delle banche centrali di ridurre l’inflazione adottando politiche monetarie restrittive come l’aumento dei tassi e il quantitative tightening (per l’obbligazionario) e dal rovente mercato delle materie prime (per le commodities).

Con riferimento alla volatilità sull’intero periodo considerato, gli indici azionari hanno sostenuto i più alti livelli di volatilità, con l’MSCI Italy che ha registrato la volatilità maggiore, pari a 22,81%, seguito dall’MSCI Emerging market fermo a 19,59%, mentre i livelli minori sono stati registrati dal tasso Ester (0,22%) e dall’indice obbligazionario ICE BofA Euro Corporate (3,33%). Guardando la tavola è possibile concludere come l’obbligazionario abbia volatilità più contenuta dell’azionario.

Valutando il rapporto tra rendimento e rischio, sull’intero orizzonte temporale degli ultimi 21 anni, tramite l’indice di Sharpe, possiamo notare come i mercati più efficienti in grado di remunerare il rischio assunto sono stati gli obbligazionari con l’ICE Bofa Euro Coporate al primo posto caratterizzato dal miglior extra-rendimento rispetto al risk free (Ester) per unità di rischio (0,66).

 

 

Il bilancio del 2022: un anno da dimenticare per gli investitori!

 

 

La tabella precedente evidenzia le performance disastrose del 2022. Dopo la brillante ripresa del 2021 dai problemi economici portati dalla situazione pandemica.

Il 2022 verrà ricordato come l’anno dell’esplosione degli effetti di una ripresa economica sostenuta dalle politiche accomodanti delle banche centrali e dai grandi piani d’investimento finalizzate a risollevare l’economia post covid-19. Oltre all’aumento della base monetaria con un PIL reale che fatica a crescere, causando quindi alti livelli di inflazione (che si sta combattendo innalzando i tassi di interesse), si aggiunge anche lo scoppio di una guerra in territorio europeo, che ha visto la Russia invadere l’Ucraina il 24 febbraio.

Il mix dei fattori porta ai risultati contenuti in tabella. Ad eccezione di luglio, ottobre e novembre, caratterizzati da situazioni particolarmente stabili, le performance positive negli altri mesi sono state sporadiche e il rosso è il colore prevalente.

Complessivamente, i mercati obbligazionari europei (come detto in precedenza) hanno ottenuto i risultati peggiori. Per quanto riguarda l’azionario, i paesi emergenti hanno ottenuto risultati peggiori rispetto agli altri indici, con l’MSCI Emerging Markets che ha fatto registrare un – 15,15%. Perdite “più contenute” per l’MSCI Pacific (– 7,65%) e l’MSCI Italy (– 9,10%).

 

L’andamento dei principali indici azionari durante il 2022

 

 

 

L’andamento dei principali indici obbligazionari durante il 2022

 

 

 

Scarica la Tavola dei rendimenti Quantalys 2022

 

* La metodologia utilizzata per l'elaborazione dei dati è interna a Quantalys. Gli indici utilizzati sono di tipo net return. Per quelli denominati in valute diverse dall’euro la conversione in euro è stata effettuata utilizzando il tasso di cambio della BCE delle 16:00. I calcoli sono aggiornati al 31 dicembre 2022.

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Da Alessia Vicario & Marco Lavizzari - Ufficio Studi Quantalys Italia.